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Quando Jordan giunse in Italia oramai 22 anni fa era un ragazzo pieno di speranze.
Il sogno era lo stesso di molti immigrati: lavorare duramente lontano dai propri cari per poter un giorno ritornare nell’amato Senegal con un discreto gruzzoletto e comprarsi o costruirsi una casa e mettere su famiglia.
Allora era semplicemente Gora, un ragazzone di oltre 2 metri.
Iniziò come ambulante, nei pressi di un negozio di abbigliamento a Trezzano sul Naviglio.
L’altezza gli valse il soprannome di “Jordan” (allora Michael Jordan era all’apice della popolarità) e tutti iniziarono a notare questo gigante dalla voce profonda e dal sorriso contagioso. Lo notò anche il direttore del negozio davanti al quale vendeva accendini e collanine e lo volle con sé come addetto alla sicurezza per una filiale in centro.
Dalla periferia a corso Vittorio Emanuele il passo fu rapidissimo.
Da allora una serie di incontri casuali (ma chi crede al caso!?) fino al nostro incontro.
Cercavo degli uomini di fiducia sui quali puntare per aprire la mia prima agenzia di sicurezza, letteralmente scalpitavo!
Lo osservavo mentre svolgeva con diligenza il suo lavoro, sempre attento e scrupoloso, mai scortese.
Scambiammo due chiacchiere. Qualcosa in lui mi incuriosiva: lo trovai al contempo serioso e simpatico. Gli dissi che lo “tenevo d’occhio” da diversi giorni e gli raccontai del mio progetto. Ci rivedemmo anche nei giorni seguenti.
“Pensaci bene, prenditi il tuo tempo!” lo ammonii.
Ma Jordan non esitò e mi disse subito di si.
In pochi giorni formammo una squadra di ragazzi fantastici, molti dei quali sono ancora con noi dopo tutti questi anni e… partimmo con l’avventura.
Nel frattempo Jordan mise su famiglia; undici mesi di duro lavoro in Italia e un mese da moglie e bambini giù in Senegal. Una vita di sacrifici ma anche di grandi soddisfazioni.
Ad oggi Jordan rimane in assoluto l’operatore più richiesto dai clienti. Il punto di riferimento di tutti i suoi colleghi, italiani e stranieri.
E’ lui che accoglie i nuovi arrivati e provvede alla loro formazione sul campo; è sempre lui ad ascoltare ed esaudire le loro richieste e a favorirne la completa integrazione nella squadra.
Mi chiedo come starò quando un giorno tornerà a casa, perché so che questo presto accadrà. Risposta più probabile: sarò triste. Ma… nessun sentimentalismo. Solo ringrazierò il caso (…ci risiamo col caso!) che ci ha fatto incontrare e mi ricorderò che laggiù in Senegal avrò per sempre un fratello.
Grazie Jo.
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